PASSAPAROLA - Lo Stato dell’Unione 2025

Ogni settembre, a Strasburgo, la Presidente della Commissione europea tiene davanti al Parlamento il discorso sullo Stato dell’Unione, appuntamento ormai cardine del calendario politico comunitario. Nato da un’intesa del 2010 che ne ha sancito la forma attuale e ispirato al modello statunitense, il SOTEU è diventato, negli anni, un importante palcoscenico in cui la Presidente della Commissione prende la scena per tracciare l’agenda politica; non è solo programmazione ma è anche esercizio di comunicazione, con cui l’Esecutivo europeo prova a costruire una narrativa di unità che spesso si infrange nei linguaggi e nelle priorità nazionali. E, inevitabilmente, è anche un gioco di equilibri istituzionali: il Parlamento ascolta, applaude o critica aspramente, ricordando che la Commissione resta comunque vincolata ai compromessi con i gruppi politici che ne condizionano l’operato.
Accanto all’intervento in aula, la Commissione ha diffuso il documento “From Promise to Progress”, un bilancio politico del primo anno del nuovo mandato e insieme una roadmap per i prossimi anni. Il testo individua quattro assi strategici: rilancio della competitività attraverso strumenti come il Competitiveness Compass e le iniziative che lo compongono; rafforzamento della sicurezza con programmi come Readiness 2030 e il fondo SAFE per gli acquisti congiunti di difesa (la CE ha reso noto che l’importo assegnato provvvisoriamente all’Italia è pari a 14,9 miliardi di euro di prestiti); nuove partnership globali dall’India al Mediterraneo; e un’agenda sociale centrata su competenze, parità di genere, lotta alla povertà e un nuovo Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034 più flessibile.
Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, Ursula von der Leyen ha provato a dare sostanza a quello che ha definito il “momento dell’indipendenza europea”. Sul fronte esterno ha messo sul tavolo un pacchetto di misure: il 19° pacchetto di sanzioni contro Mosca, il lancio del programma “Qualitative Military Edge” per rafforzare l’apparato militare ucraino e l’iniziativa “Eastern Flank Watch” per garantire all’UE capacità autonome di sorveglianza strategica. Nei confronti di Israele ha annunciato la linea più dura mai presa ad oggi, con lo stop al sostegno bilaterale, sanzioni mirate e persino la sospensione parziale dell’accordo commerciale. Ma il cuore del discorso è stato la competitività: dall’idea di un grande fondo “Scaleup Europe” per sostenere le imprese innovative, al progetto “Battery Booster” per non restare indietro sulla produzione strategica, fino al varo di un “Quality Jobs Act” e di una strategia europea contro la povertà. A tutto questo si aggiunge la difesa dell’intesa commerciale con gli Stati Uniti, che von der Leyen ha definito “il miglior accordo possibile”, un compromesso che, a suo avviso, garantisce stabilità e scongiura lo spettro di una guerra commerciale transatlantica. Le reazioni dei gruppi di opposizione, tuttavia, sono state durissime, con critiche che hanno messo in evidenza tanto la fragilità degli accordi quanto l’incertezza riguardo alle misure annunciate.
Dopo la mozione di sfiducia di luglio, respinta, all’orizzonte se ne profila una nuova in autunno: sarà soprattutto un passaggio simbolico ma rivelatore del clima attuale e di un Parlamento sempre meno incline a concedere spazio a quelli che le opposizioni definiscono “giochi di comunicazione”.
diana.marcello@unioncamere-europa.eu
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