EDITORIALE - L'autunno caldo dell'UE tra allargamento, difesa e ricostruzione economica

L’aria frizzante dell’autunno a Bruxelles non porta solo il profumo dei cambiamenti stagionali, ma anche il peso delle decisioni epocali. Dopo un'estate segnata da incertezze globali, l’Unione Europea si appresta ad affrontare una delle agende più dense e consequenziali della sua recente storia. Non si tratta più semplicemente di gestire crisi contingenti, ma di compiere scelte strategiche che ridisegneranno il suo ruolo nel mondo, la sua struttura interna e la sua solidità economica per i decenni a venire.
Al centro del dibattito, tre dossier scottanti si intrecciano, ciascuno con le sue urgenze e implicazioni. La guerra in Ucraina ha impresso un’accelerazione drammatica al processo di allargamento. Tuttavia, accogliere nuovi membri senza aver prima curato le "malattie interne" dell’UE sarebbe un azzardo. Parlare di una Unione a 30+ Stati senza rivedere le regole del gioco – a cominciare dal vetusto sistema di voto all’unanimità – è semplicemente irrealistico. L’autunno deve essere il momento in cui i leader europei iniziano un dibattito coraggioso su una riforma dei trattati, non come tabù, ma come necessità per evitare la paralisi.
Questa necessità di resilienza istituzionale si collega direttamente alla seconda grande sfida: la difesa e la sicurezza europea. L’invasione russa dell’Ucraina ha sepolto definitivamente il dogma di una sicurezza garantita altruisticamente da altri. Il risveglio è stato brusco, ma la risposta rischia di perdere slancio. L’autunno deve essere la stagione in cui l’Europa della Difesa passa dalle dichiarazioni di intenti ai fatti concreti: produzione congiunta di munizioni, acquisto comune di armamenti e un pilastro europeo nella NATO che sia solido e complementare.
Ma nessuna ambizione strategica può prescindere da una solida base economica. È qui che risuonano con forza le parole di Mario Draghi a Rimini, il cui monito sull’"obsolescenza" del modello di business europeo non può essere ignorato. La nostra competitività è erosa da costi energetici elevati, una burocrazia asfissiante e concorrenti globali che non giocano con le stesse regole. Il Green Deal deve evolversi da progetto regolatorio a potente leva per l’industria, favorendo innovazione e investimenti nelle tecnologie pulite. La trattativa sui dazi con gli Stati Uniti, sebbene complessa, è un sintomo di questo malessere e un banco di prova cruciale: dimostrerà se Washington e Bruxelles sono partner o rivali sistemici nella transizione verde, e se l’Europa saprà negoziare da una posizione di forza unitaria per proteggere le sue imprese senza cadere in sterili protezionismi.
Questi tre capitoli – allargamento, difesa e competitività – non sono silos separati. Sono facce dello stesso poliedro: la costruzione di un’Unione più sovrana, resiliente e influente. L’autunno 2025 sarà dunque un test fondamentale per la volontà politica e la lungimiranza dei nostri leader. Sapranno andare oltre gli interessi nazionali a corto termine per abbracciare una visione comune? La posta in gioco non è il successo di una singola riunione del Consiglio Europeo, ma la credibilità stessa del progetto europeo. È un autunno caldo, sì, ma soprattutto è un autunno di verità.
Ana Sarateanu
Direttrice Unioncamere Europa
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