Progresso e fragilità: il nuovo volto dell’ambiente europeo
Lo scorso 29 settembre l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) ha pubblicato il rapporto Europe’s Environment 2025, un documento che traccia un bilancio ambivalente: da un lato, elementi di progresso; dall’altro, rischi ambientali che si radicano sempre più nelle strutture sociali ed economiche europee. Il rapporto conferma che l’Unione europea mantiene il primato, almeno a livello occidentale, nella lotta ai gas serra: dal 1990 le emissioni interne sono diminuite del 37 %. La transizione verso fonti rinnovabili e l’efficientamento energetico hanno contribuito in modo decisivo. Sul fronte della qualità dell’aria, le politiche messe in campo hanno prodotto risultati tangibili ma non risolutivi: pur registrandosi una tendenza al miglioramento, restano vaste aree urbane dove gli inquinanti non rispettano né gli obiettivi UE né le linee guida più rigorose dell’OMS.
Il documento evidenzia una forte pressione sulle risorse idriche europee, con lo stress idrico che colpisce circa il 30 % del territorio UE e il 34 % della popolazione, aggravato da siccità e uso insostenibile dell’acqua. L’estrazione di acque dolci resta elevata, circa 200.000 milioni di m³ l’anno, soprattutto nei settori agricolo e industriale. Allo stesso tempo, oltre l’80 % degli habitat protetti è in cattivo stato e fino al 70 % dei suoli europei risulta degradato, con gravi ripercussioni su ecosistemi, zone umide e paesaggi agricoli. Le sfide che emergono dal documento richiedono un ripensamento strategico delle politiche ambientali e climatiche che non possono più essere compartimentate (acqua, aria, biodiversità), ma devono assumere un carattere sistemico e coordinato.
Nel capitolo “A cause for hope: levers of transformative change”, si individuano un insieme di leve fondamentali per accelerare la transizione verso una società sostenibile. Tra queste, la governance e le istituzioni, chiamate a garantire una gestione più integrata e coordinata delle politiche ambientali; l’innovazione tecnologica e sociale, intesa come motore di trasformazione dei sistemi produttivi e dei modelli di consumo; e la finanza verde, considerata uno strumento chiave per mobilitare risorse a sostegno di progetti di adattamento, rigenerazione e mitigazione climatica.
In definitiva, l’Europa si trova davanti a un bivio: continuare sulla strada dell’equilibrio fragilizzato, o imprimere una transizione ambientale che renda le sue basi naturali parte integrante della progettazione economica e sociale. Il rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente non è solo un documento tecnico, ma un riferimento strategico anche per il mondo economico. Le Camere di commercio e le imprese sono infatti al centro della transizione sostenibile. Una governance ambientale più integrata richiede un ruolo attivo di tutti gli attori nella promozione di partenariati pubblico-privati chiamati ad accompagnare le PMI verso modelli produttivi circolari. Integrare sostenibilità, innovazione e governance locale significa trasformare le sfide ambientali in opportunità di sviluppo e competitività europea.
diana.marcello@unioncamere-europa.eu
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