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EDITORIALE - Mercato unico: la Commissione ci riprova. Questa volta basterà?

foto ME

Mercoledì 21 maggio, il vicepresidente della Commissione europea Stéphane Séjourné ha presentato la strategia per rilanciare il mercato unico. Un copione che è oramai diventato un classico: ogni ciclo istituzionale promette un mercato più integrato, e ogni volta le imprese aspettano effetti concreti che spesso non arrivano. Ma in un’Europa attraversata da tensioni geopolitiche e transizioni economiche, questa volta l’iniziativa potrebbe avere un peso diverso.

Dal punto di vista camerale, la strategia contiene elementi di interesse concreto per le imprese, in particolare le PMI. Semplificazioni, strumenti digitali, riconoscimenti automatici: se ben attuati, questi interventi possono alleggerire davvero la vita delle aziende. Ma non mancano ambiguità e possibili attriti con i sistemi nazionali, soprattutto per chi, come le Camere di commercio, gestisce ogni giorno la complessità delle imprese sui territori.

Qualche buona notizia per le imprese

Tra le misure proposte, il passaporto digitale dei prodotti – un QR code con informazioni su etichettatura, sostenibilità e sicurezza – promette di uniformare i requisiti tra gli Stati membri e ridurre i costi di adattamento normativo. Un vantaggio competitivo per chi esporta, e un potenziale nuovo ambito d’azione per i servizi camerali di certificazione e accompagnamento.

Il riconoscimento automatico delle qualifiche professionali è un altro passo atteso da tempo: semplificare l’assunzione di lavoratori qualificati da altri Paesi può aiutare a colmare gap di competenze, specie nei settori tecnici. Resta però il nodo della reale attrattività del mercato del lavoro nazionale.

Lo SME ID, uno strumento digitale europeo per identificare le PMI, potrebbe infine eliminare decine di duplicazioni burocratiche, purché sia davvero interoperabile e basato su dati certi. Ma sarà importante chiarire come dialogherà con i registri delle imprese, spesso gestiti proprio dalle Camere di commercio, che forniscono informazioni ufficiali e aggiornate sulla dimensione aziendale.

Il 28° regime: svolta o bypass?

Tra le proposte più audaci spicca l’introduzione, dal 2026, del cosiddetto “28° regime”: un quadro giuridico opzionale, digitale e uniforme, pensato per consentire a un’impresa di operare in tutta l’UE con un solo set di regole societarie, fiscali e del lavoro.

L’obiettivo è chiaro: aprire un’azienda in tutta Europa in 48 ore, senza l'obbligo di confrontarsi con 27 burocrazie diverse. Ma dietro l’efficienza promessa si nasconde un possibile impatto profondo su chi gestisce oggi i registri delle imprese a livello nazionale. In Italia, ad esempio, sono le Camere di commercio a garantire la trasparenza, la legalità e l’accesso ai dati economici ufficiali.

Se l’iscrizione a un “registro europeo” (o se una “registrazione europea”) finirà per sostituire quella nazionale, servirà chiarezza su responsabilità, controlli, interoperabilità e accesso ai dati. Semplificare non può significare svuotare di ruolo chi garantisce la certezza giuridica dell’impresa sul territorio.

Omnibus IV: una nicchia che conta

Parallelamente alla strategia, la Commissione ha presentato il pacchetto Omnibus IV, che introduce una nuova categoria d’impresa: le small midcaps. Si tratta di aziende con meno di 750 dipendenti e un fatturato sotto i 150 milioni di euro, alle quali si applicheranno esenzioni mirate da alcune norme UE (come il GDPR).

Secondo Bruxelles, sono circa 38.000 in tutta l’Unione – lo 0,11% delle imprese europee, che sono più di 33 milioni. In Italia il numero è ancora più limitato (1551, e - pertanto - la percentuale infinitesimale), ma queste aziende rappresentano una fascia strategica, spesso alle porte dell’internazionalizzazione, che rischia di rimanere “schiacciata” tra normative pensate per le PMI da un lato e per i grandi gruppi dall’altro. La semplificazione può quindi avere un impatto economico superiore alla loro quota statistica, a patto che dimostrare di essere una midcap non preveda una burocrazia eccessiva.

Il tempo delle attuazioni

Come sempre, il successo non dipenderà tanto dai documenti strategici quanto dalla loro realizzazione concreta. La Commissione ha proposto la nomina di un “Single Market Sherpa” in ogni Stato membro per monitorare e facilitare l’attuazione delle misure. Può essere un passo nella giusta direzione, a condizione che le autorità nazionali e locali siano coinvolte in modo costruttivo nell'attuazione, evitando sovrapposizioni e incoerenze normative.

Le imprese, come sempre, chiedono regole chiare, tempi certi e meno complicazioni. Alle Camere di commercio il compito di aiutarle a orientarsi in questo nuovo mercato unico - se davvero diventerà, finalmente, “unico”.

 

Ana Sarateanu

Direttrice Unioncamere Europa

Aggiornato il