EDITORIALE - Un bilancio storico, ma per chi? Il nuovo MFF tra ambizione e distanza dal territorio

È difficile non restare colpiti dai numeri: quasi 2.000 miliardi di euro, pari all’1,26% del PIL europeo. Il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (MFF) 2028–2034 proposto dalla Commissione europea è, sulla carta, il più ambizioso nella storia dell’Unione. Un bilancio pensato per affrontare le sfide epocali: la transizione verde, il rafforzamento dell’industria europea, la sicurezza, la dimensione geopolitica. Il linguaggio è chiaro: strategia, flessibilità, indipendenza.
Eppure, mentre leggiamo le tabelle e i comunicati, una domanda si impone: per chi è questo bilancio?
L’impostazione del nuovo MFF segna un cambio di paradigma. Programmi storici come la PAC e la Politica di Coesione vengono accorpati in 27 “piani nazionali e regionali”, mentre nasce un mega Fondo per la competitività (ECF) da oltre 450 miliardi, che assorbe iniziative prima distinte. La promessa è semplificare, rendere il tutto più moderno. Ma in questo processo di ristrutturazione emerge un rischio: che la semplificazione istituzionale generi complessità operativa per chi lavora davvero sul territorio.
Come sistema camerale italiano, questa preoccupazione non è astratta. Le Camere sono ogni giorno a contatto con migliaia di imprese, in particolare PMI, che rappresentano, non a caso, il “backbone” dell’economia europea. Eppure, in questa nuova architettura, la voce delle piccole imprese si sente sempre meno.
Cos’è successo al principio “Think Small First”, che aveva guidato l’azione dell’UE dopo la crisi del 2008? Quel principio sembra oggi disperso nei meandri di fondi centralizzati, programmazioni ad alta intensità tecnologica e strutture pensate per grandi consorzi o soggetti già fortemente integrati. Le PMI, invece, restano spesso ai margini: troppo piccole per competere, troppo grandi per essere ignorate.
Lo vediamo concretamente: programmi come Horizon Europe, ora parzialmente assorbiti dall’ECF, diventano ancora più selettivi e distanti. LIFE, Creative Europe, Erasmus+, che hanno rappresentato strumenti preziosi per innovazione, sostenibilità e formazione, non spariscono, ma finiscono per essere ridimensionati o inglobati, con un impatto diretto sulla leggibilità e accessibilità.
Eppure, le opportunità non mancano. Il rafforzamento del Programma per il Mercato Unico, i nuovi investimenti per le infrastrutture digitali e il capitale umano possono generare effetti positivi anche per le imprese più piccole, se capaci di accedere alle opportunità di finanziamento. Ed è proprio qui che il ruolo delle Camere può (e deve) fare la differenza.
Le Camere di commercio sono ponti naturali tra Europa e territorio, capaci di tradurre le opportunità comunitarie in strumenti concreti per le imprese. E per farlo serve un MFF con una logica anche di accompagnamento, non solo di selezione. Serve uno spazio politico, non solo tecnico.
Il nuovo MFF è ambizioso, sì. Ma per garantire un impatto efficace dovrà evitare il rischio di essere più strategico che inclusivo, più potente che partecipato. L’Europa si costruisce nei territori, non solo a Bruxelles. E se vuole rafforzare la sua autonomia strategica, non può permettersi di indebolire le sue fondamenta: quelle migliaia di imprese che magari non sono scale-up, ma che ogni giorno fanno innovazione, creano occupazione e tengono viva l’economia reale.
Ana Sarateanu
Direttrice Unioncamere Europa
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