PASSAPAROLA - Italia senz’acqua: il vero banco di prova della resilienza europea

C’è un’emergenza che non fa rumore, non polarizza le opinioni pubbliche e non accende i talk show. Ma che rischia di segnare in profondità il futuro dell’Italia e dell’Europa: l’acqua.
Secondo gli ultimi dati ISTAT, nel nostro Paese il 42% dell’acqua potabile immessa nelle reti viene disperso prima di arrivare ai rubinetti. In alcune regioni del Sud la percentuale supera il 50%. Ogni anno spariscono nel nulla più di tre miliardi di metri cubi di acqua, in un Paese che soffre ciclicamente di siccità estive e alluvioni invernali. Non è solo un problema ambientale: significa minore competitività per l’industria, minore redditività per l’agricoltura e costi più alti per le famiglie.
Bruxelles non è rimasta a guardare. La nuova European Water Resilience Initiative, lanciata quest’anno dalla Commissione, mette l’acqua sullo stesso piano di energia, sicurezza alimentare e competitività industriale. Gli Stati membri dovranno ridurre le perdite al 25% entro il 2030, rafforzare le infrastrutture e integrare la gestione idrica con le politiche climatiche.
L’Italia parte da una posizione difficile, ma non priva di strumenti. Il PNRR ha destinato 1,9 miliardi di euro per modernizzare la rete idrica: progetti che stanno avanzando con tempistiche differenziate a seconda dei territori, e che potranno dare risultati significativi se portati avanti con continuità.
Si tratta di una sfida che riguarda da vicino anche il sistema delle imprese. L’acqua è un fattore produttivo cruciale, dalla manifattura all’agroalimentare, dal turismo ai servizi. Ecco perché le Camere di Commercio, pur non avendo competenze dirette sulla gestione idrica, hanno un interesse legittimo a seguire con attenzione l’evoluzione di questa partita: la disponibilità e la qualità dell’acqua incidono direttamente sulla competitività dei territori.
Non basta affidarsi all’Europa. La Strategia europea per l’acqua fornisce una cornice, ma la responsabilità di tradurre gli obiettivi in risultati è nostra. Servono investimenti sulle reti, manutenzione continua, incentivi per il riuso delle acque reflue e una gestione più unitaria almeno su base regionale, con una collaborazione forte tra pubblico e privato.
Siamo distratti da dossier più rumorosi – i dazi americani, i grandi piani di riarmo, le dispute sulle big tech – ma la vera emergenza strutturale per l’Italia è qui: senza un piano serio sull’acqua, rischiamo di essere il primo Paese europeo a pagare fino in fondo il prezzo della crisi climatica.
Questa sfida, però, è anche un’opportunità. Innovazione tecnologica, gestione digitale delle reti, filiere specializzate nella depurazione e nel riuso delle acque possono diventare un terreno di sviluppo per le imprese italiane. È un campo dove pubblico e privato possono collaborare, creando competenze esportabili anche oltre confine. Se sapremo investire con visione, l’Italia potrà diventare un modello di resilienza in Europa.
Ana Sarateanu
Direttrice Unioncamere Europa
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